lunedì 14 febbraio 2011

Violenze e torture. Ong accusa: "Migliaia di oppositori sequestrati dall'esercito"


L’esercito egiziano ha sequestrato in segreto centinaia, forse migliaia, di oppositori governativi, scesi in piazza per animare le proteste contro il Presidente egiziano Hosni Mubarak che stanno sconvolgendo il Paese dal 25 gennaio scorso. A dichiararlo al quotidiano britannico The Guardian sono alcuni dimostranti ed associazioni per la difesa dei diritti umani come Human Rights Watch, che imputano agli uomini delle forze armate di essere responsabili di scomparse, torture e abusi. I militari respingono categoricamente le accuse, ma un attivista di Human Right Watch, Joe Stork, raggiunto telefonicamente al Cairo dichiara: “Ci sono stati alcuni casi di persone che ci hanno rivelato di essere state torturate dalla polizia e dall’esercito. D’altronde, quello della tortura rappresenta un grande problema in Egitto, adottata dall’esercito, dalla polizia e dai servizi segreti. Al riguardo, Human Rights Watch ha diffuso recentemente un documento sugli abusi nelle prigioni egiziane. Nessuno però si assume la responsabilità di questi terribili atti e le autorità non investigano né puniscono le persone responsabili”.



Secondo l’organizzazione non governativa internazionale, con sede a New York, sono decine le famiglie che denunciano la scomparsa dei propri cari finiti nelle mani dell’esercito. Le persone rilasciate dichiarano invece di essere state vittime di abusi fisici, alcuni perpetrati all’interno del Museo Egizio, a pochi passi dall’epicentro delle proteste: piazza Tahrir. Tra loro c’è Ashraf, un ragazzo di 23 anni, intervistato dal The Guardian: “Ero per strada e un soldato mi ha fermato chiedendomi dove andassi. Mi ha accusato di lavorare per i nemici stranieri, poi sono accorsi altri soldati e hanno iniziato a picchiarmi con le armi”. Ashraf racconta di essere stato trasportato con le mani legate dietro il Museo Egizio in una zona sotto controllo militare: “Mi hanno messo in una stanza. Un ufficiale è arrivato e mi ha chiesto da chi fossi pagato per essere contro il governo. Quando ho detto che avrei voluto un governo migliore, mi ha colpito in testa facendomi cadere a terra. Poi i soldati hanno iniziato a prendermi calci, anche in mezzo alle gambe”. Il ragazzo racconta di essere stato intimidito con una baionetta e minacciato di essere violentato. “Mi dicevano che sarei potuto morire lì o sparire in una prigione senza che nessuno lo sapesse. La tortura era dolorosa ma l’idea di sparire in una prigione militare era terrorizzante”. Ashraf rivela anche di essere stato picchiato per ore prima di venire rinchiuso in una stanza con decine di uomini, tutti gravemente torturati. Rilasciato dopo 18 ore, gli viene intimato di non recarsi più a piazza Tahrir. Per Human Rights Watch l’esercito, che aveva mantenuto apparentemente un atteggiamento neutrale, starebbe mettendo in atto una vera e propria campagna intimidatoria. Al momento l’organizzazione parla di 119 arresti ma non esclude altri casi ancora sconosciuti, non solo al Cairo ma in tutto il territorio nazionale.



Articolo di Vincenzo Sassu
Fotografie pubblicate da New York Times, Leaksources.wordpress.com, TNT Magazine

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