martedì 20 luglio 2010

Cassintegrati dal carcere



Dal 24 febbraio gli operai della Vinyls hanno occupato l'ex penitenziario dell'Asinara. E la loro vertenza è diventata simbolo delle lotte di tutta l'isola

Uno specchio, un lavandino dove scorre acqua non potabile e un piccolo armadio. La cella numero 1 dell’ex carcere di Cala d’Oliva dell’Asinara è rimasta come tredici anni fa, quando il detenuto, che l’aveva occupata per venticinque anni per aver ucciso la moglie, la lasciò. In questa stanzetta, due metri per tre, da oltre due mesi, dorme Pietro Marongiu, 57 anni, cassaintegrato della società chimica Vinyls. «Il periodo più difficile è stato all’inizio, quando siamo sbarcati nell’isola», racconta seduto sul letto. «Certe notti di vento, il grecale gettava acqua a secchiate all’interno della cella. Ma, nonostante le difficoltà, non abbiamo mai pensato di lasciare l’Asinara. Siamo qui per le nostre famiglie e i giovani. Perché anch’io finii in cassa integrazione quando ero un padre poco più che trent’enne e so cosa significa non portare a casa lo stipendio per mesi».



Le sue parole danno voce ad Antonio, Emanuele, Gianmario, Antonello, Gianni, Tino, Amedeo e a tutti gli operai della Vinyls che vivono nell’Asinara dal 24 febbraio scorso, per dare un futuro ai propri figli e vivere con dignità. E in quest’isola, diventata il simbolo della lotta per il lavoro, trascorreranno la festa del Primo Maggio, invitando lavoratori in difficoltà, famiglie, persone solidali ad unirsi a loro: «Perché stiamo lottando per difendere i nostri diritti e quelli di tutti i lavoratori italiani in difficoltà». All’evento parteciperanno anche gli esponenti regionali dei sindacati e le delegazioni operaie di imprese in difficoltà come Eutelia, Electa, Alcoa, Eurallumina, Rockwool. «Celebrare la festa del Primo Maggio nel parco naturale dell’Asinara è un segno importante di solidarietà e vicinanza a chi lotta per il lavoro», spiega uno dei promotori dell’evento, Vincenzo Tiana, responsabile sardo di Legambiente. Così la pensa anche Silvio Lai, presidente regionale del Partito Democratico: «Sarà un evento significativo per tutta la Sardegna che soffre oltremodo la crisi economica che sta mettendo in difficoltà tutto il Paese senza possibilità immediate di rilancio».



Saranno centinaia le persone ad arrivare da tutta la Sardegna, una terra che vive il dramma di chi ha perso o sta perdendo il lavoro per un tessuto industriale fragile costituito da grandi società italiane e multinazionali estere che, sospinte dal vento della recessione globale, stanno decidendo di chiudere i battenti e far calare il sipario sull’isola. Ma i lavoratori sardi non ci stanno e danno battaglia in tutte le zone, da quella mineraria meridionale del Sulcis Iglesiente alla provincia di Sassari, nel nord. Nei mesi scorsi a manifestare erano stati gli operai dell’Alcoa, che lavorano ancora nell’attesa di una pronuncia definitiva di Bruxelles sul decreto legge governativo riguardo alle agevolazioni energetiche che dovrebbe convincere la multinazionale americana a non abbandonare la Sardegna. Ora ci sono gli operai della Vinyls che, dopo mesi di proteste in tutta la provincia, occupando l’Asinara hanno imposto la loro vertenza alle cronache nazionali. Perché non era bastato manifestare per le strade, andare sui tetti ed occupare le fabbriche per render noto il loro disagio, di famiglie che non sanno più come sopravvivere tra bollette e affitti da pagare, ragazzi da mandare a scuola, da sfamare. Affinché ci si accorgesse di loro hanno deciso allora di lasciare casa, di salutare moglie e figli ed occupare uno dei tredici carceri dell’isola, dove Falcone e Borsellino prepararono il maxi processo alla Mafia.



Solo così, con l’arrivo nella piccola isola in cui erano detenuti pericolosi banditi, assassini, brigatisti e mafiosi, la vertenza Vinyls ha varcato i limiti della realtà locale per diventare un affare nazionale e non solo, perché grazie ad un’abile campagna comunicativa su Internet e sul social network più celebre al mondo, Facebook, la vicenda dell’“Isola dei Cassintegrati” la conoscono ormai in Europa e oltreoceano. «Ci chiamano dalla Spagna, dall’Inghilterra, dalla Francia, dalla Germania. Si sono interessati a noi perfino dalla Australia e dal Canada. La solidarietà ricevuta ci commuove, aiutandoci ad andare avanti. In quest’isola siamo diventati un punto di riferimento e invitiamo tutti i lavoratori in difficoltà ad unirsi a noi». Mentre Pietro parla, interviene un signore, cappelli bianchi e viso incorniciato da una fitta barba bianca, sbarcato all’Asinara con la famiglia per sostenere gli operai: «Voi siete il simbolo della Sardegna e dell’Italia che lotta per il lavoro, non mollate».



Non molleranno i lavoratori della Vinyls, finché gli impianti di produzione della filiera del cloro non riapriranno i cancelli, chiusi ormai da mesi a causa del blocco da parte di Eni della fornitura di materie prime necessarie per la produzione del Pvc. In realtà Eni si era già impegnata nel novembre scorso a fornire l’etilene e il dicloretano all’ex azienda di Fiorenzo Sartor attiva a Porto Torres, Porto Marghera e Ravenna. Ma la società, ora in amministrazione straordinaria, non aveva ottenuto le fideiussioni necessarie dagli istituti di credito. Qualche mese fa è entrato però in scena un nuovo attore, la Ramco, multinazionale del Qatar, che sta trattando per l’acquisizione degli impianti. Tutti sono in attesa della chiusura della vertenza. Uno snodo importante potrebbe essere stato quello del 24 aprile scorso quando sono state aperte le buste del bando internazionale per l’affidamento degli impianti Vinyls. Dopo mesi di trattative la Ramco ha infatti formalizzato l’interesse all’acquisto degli impianti della Vinyls di Porto Marghera, Porto Torres e Ravenna. Al momento i cassintegrati sono però soddisfatti a metà: «Avremmo preferito che Eni si presentasse al bando, sbaragliando la concorrenza e prendendo tutto in mano. E questo doveva imporlo il governo, perché il ministero del Tesoro è il suo maggiore azionista e l’amministratore delegato viene nominato direttamente dal Consiglio dei ministri».



Intanto l’Italia vive un momento cruciale per il futuro della chimica. Quella dei cloro derivati è infatti una produzione strategica per l’intero compatto chimico nazionale, un settore nel quale per lungo tempo il polo di Porto Torres è stato all’avanguardia. Se la vertenza non venisse risolta a perdere il lavoro sarebbero in tanti. Perciò i cassintegrati dell’Asinara non molleranno, così come i dipendenti delle cooperative associate alla Vinyls. Perché finché gli impianti di produzione del Pvc di Porto Torres rimarranno chiusi, anche per loro non ci sarà lavoro. Tra questi c’è Antonello Pinna, 53 anni, cassintegrato della Eurocoop, società che si occupa della rifinitura del materiale prodotto dalla Vinyls. Sposato, padre di quattro figli, ha lasciato la famiglia e vive all’Asinara da circa un mese. È un uomo vispo, dalla battuta facile, che dietro l’apparente allegria, nasconde l’inquietudine di mesi trascorsi senza un centesimo di stipendio e i soldi della cassa integrazione che arrivano a singhiozzo. «Di recente siamo stati costretti anche a chiedere all’IACP una riduzione dell’affitto, perché non riuscivamo più a pagarlo. Anche mia moglie non ha un lavoro e, per riuscire ad andare avanti, abbiamo dovuto chiedere un aiuto economico al nostro figlio maggiore».



La cella numero 4 è occupata da Antonio Salaris, 26 anni e Piera Virdis. La loro storia d’amore è iniziata nel 2004, quando Piera aveva appena diciotto anni. Avrebbero voluto sposarsi quest’anno, ma Antonio, dipendente della Vinyls è in cassa integrazione da mesi. «Per fortuna non avevamo ancora versato alcun anticipo per il matrimonio, altrimenti non so come avremmo fatto. Stiamo anche cercando di costruirci la casa, ma i lavori sono fermi perché non possiamo più permetterci di pagarli», racconta Piera, parrucchiera disoccupata, che sogna di aprire uno studio tutto suo. «Chissà se potrò mai permetterlo…», dice sospirando. La vicenda del suo ragazzo, Antonio, è iniziata invece il 18 novembre scorso quando, disperato, decise di salire sul tetto di un palazzo con altri due colleghi per chiedere il rinnovo del contratto di lavoro. Da allora, la sua battaglia l’ha portato, con altri colleghi, ad occupare la Torre Aragonese di Porto Torres e sbarcare all’Asinara il 24 febbraio scorso. «La cosa più difficile è stato l’arrivo. Faceva freddo, pioveva. Eravamo soli, isolati da tutto. Ma l’affetto della famiglia, degli amici e la solidarietà ricevuta ci hanno dato grande forza». Così come l’amore della fidanzata. «La lontananza all’inizio mi spaventava. Poi mi sono fatta coraggio e spesso raggiungo Antonio qui nell’Isola. Per lottare insieme».



Quella di Piera è la stessa nostalgia che accompagna gli sguardi delle figlie di Emanuele, quando la sera di una domenica di metà aprile, salutano il papà e si imbarcano con la madre sulla Sara D, il traghetto che dall’Asinara le riporterà a Porto Torres. Con il viso del padre stampato sulla maglietta indossata vedono l’isoletta sparire in lontananza e aspettano di riabbracciarlo presto. «Voglio che vivano serenamente questo periodo di difficoltà. Anche loro però stanno soffrendo tanto. Sanno cosa significa essere in cassa integrazione e sentono la crisi», spiega Emanuele Manca, 35 anni, operaio della Vinyls da 15 anni. «Spero che il nostro caso si risolva al più presto, altrimenti 4450 persone resterebbero senza busta paga e tutta la comunità ne risentirebbe. Senza contare poi le grandi difficoltà che i giovani avrebbero nel trovare lavoro: qui il settore industriale è l’unico che dà occupazione». Ed è proprio per le giovani generazioni che, al di là della specificità di ogni vertenza, tutti i lavoratori sono uniti nella grande “vertenza Sardegna”. Un’isola che dà battaglia e grida a gran voce: “Chi lotta può anche perdere. Chi non lotta ha già perso”.



Fotografie e testo di Vincenzo Sassu