domenica 14 marzo 2010

Resistenza chimica


Tra gli operai della Vinyls di Porto Torres che avevano occupato la Torre aragonese della città, prima di spostarsi nell'isola dell'Asinara per far conoscere all'Italia intera la difficile condizione di precarietà sociale e lavorativa che vivono da mesi. Ora Eni e Ramco, società del Qatar, hanno raggiunto un accordo di massima per acquistare l'azienda. Ma le delusioni del passato sono troppe.

«Sono finiti i tempi in cui la petrolchimica sembrava una città, con tutte quei puntini luminosi. Ora, le luci si stanno spegnendo pian piano. E sulla nostra vita è calato il buio». Gli operai chimici della Vinyls Italia di Porto Torres, in cassa integrazione da mesi, ricordano così il loro stabilimento, illuminato, vivo. Una fabbrica che, nei tempi d’oro, dava lavoro a 20mila persone e arrivava a produrre 60mila tonnellate di Cvm-Pvc all’anno. Immagine che rimane impressa nei loro sguardi sognanti mentre la osservano in lontananza e la vedono deserta, smarrita, senza luce. Questo nonostante l’accordo di massima appena raggiunto tra Eni e Ramco, società del Qatar, interessata a rilevare l’intero ciclo del Pvc. Un accordo su cui si gioca il futuro della chimica in Italia, così come il loro destino. Ma la situazione resta incandescente e gli operai rimangono cauti sull’esito finale della trattativa. Da troppi mesi vivono l’esaltazione di accordi che poi falliscono, di patti non rispettati. E finché gli impianti non riprenderanno a lavorare, continueranno la loro protesta. Perché la loro fabbrica, la più grande del territorio, che garantiva un reddito a migliaia di famiglie, oggi appare come una fotografia sbiadita, dall’alto della Torre Aragonese, davanti al porto della città, dove sono accampati ormai da più di un mese. Per farsi sentire, 138 operai della Vinyls hanno infatti scelto di occupare un baluardo costruito nel 1325 dall’ammiraglio Caroz, che aveva raggiunto Porto Torres con la flotta aragonese. L’hanno fatto per chiedere la riapertura degli impianti del petrolchimico e giurano di non abbandonarlo finché non riprenderanno a lavorare, a sfamare una famiglia che ha smesso di fare progetti e credere nel futuro. Perché mancano i soldi per le necessità quotidiane, per vivere con dignità, da quando la loro fabbrica ha chiuso i battenti.



Ufficialmente è dal luglio 2009 che gli operai sono in cassa integrazione, ma lo stabilimento lavorava a singhiozzo già nei sette mesi precedenti. Avrebbe dovuto riprendere l’attività il 15 dicembre scorso, ma gli impianti di produzione della filiera del cloro sono ancora chiusi, a causa del blocco delle forniture di materie prime, come etilene e dicloretano, da parte dell’Eni e, da allora, i dipendenti della Vinyls di Porto Torres sono senza lavoro. Così come quelli Porto Marghera che, fino ad ora, hanno atteso invano il riavvio degli impianti. Eppure, sembrava che la situazione per l’ex azienda chimica di Fiorenzo Sartor, attualmente in amministrazione straordinaria, si fosse risolta con l’accordo del 12 novembre 2009, quando il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, aveva annunciato, in una nota, che il caso Vinyls-Eni si sarebbe concluso con un lieto fine. All’epoca, l’Eni si era infatti impegnata a fornire tutte le materie prime necessarie a far ripartire gli impianti dell’azienda specializzata in Pvc, attiva a Porto Torres, Porto Marghera e Ravenna: 470 addetti di cui 137 solo in Sardegna. Questo, sperando che la società, entro il 15 dicembre, ottenesse le fideiussioni necessarie dagli istituti di credito. Cosa che, di fatto, non è accaduta. Le banche infatti, vista l’azienda in stato di amministrazione straordinaria, si sono rifiutate di concederle. Fideiussioni che poi erano state comunque deliberate, fino a un massimo di 20 milioni di euro, dalla Regione, attraverso l’ultima finanziaria, la Sfirs. Un finanziamento però soggetto al parere della Commissione europea che, ancora non si è pronunciata, facendo quindi precipitare la situazione. Dopo l’incontro del 22 febbraio scorso tra Eni e Ramco, la situazione però sembra cambiata. Il Cane a sei zampe finalmente pare infatti intenzionato a rispettare l'accordo siglato il 12 novembre 2009 per la fornitura a Vinyls dei servizi e delle materie prime (etilene e dicloretano) al prezzo concordato, che attualmente è inferiore ai prezzi di mercato. Eni e Ramco avrebbero poi raggiunto anche un accordo di massima sul trasferimento di asset dell'Eni a Ramco ad Assemini, in Sardegna, a Marghera, nel Veneto e a Cirò Marina, in Calabria, per ricomporre il ciclo produttivo della filiera del cloro, che sarà discusso con le autorità locali e con i sindacati. Allo stesso tempo Ramco dovrebbe prendere contatto con i commissari di Vinyls per concordare i passi successivi. «Rimaniamo molto cauti sugli esiti concreti dell’accordo, perché, fino ad ora, i patti non sono mai stati rispettati. Quindi, finché gli impianti non ripartiranno concretamente non molleremo», dichiara a caldo Pierfranco Delogu, segretario dei chimici della Cgil.



Come i sindacati anche gli operai di Porto Torres attendono gli sviluppi concreti degli accordi, perché il baratro della cassa integrazione su cui sono sprofondati da mesi sta logorando centinaia di famiglie della zona. «Non posso continuare a vivere così, senza un lavoro. Ho due figlie di 3 e 5 anni, avevo un mutuo che ora ho dovuto sospendere. E le prospettive sono nere», racconta Roberto Carta, 33 anni, capellino rosso acceso e un sorriso limpido a mascherare una situazione che non riuscirà a sostenere a lungo, con una moglie senza lavoro e due figlie piccole da crescere. «Il nostro dramma è anche quello di Porto Torres, di famiglie assistite dai servizi sociali e di altre costrette a chiedere alla Caritas il cibo per poter mangiare», interviene Pier Gianni con la consapevolezza di chi vede morire ogni giorno la sua città, ma non si arrende. E dà battaglia, finché avrà la forza di farlo. Quello che si vive in questi giorni è un momento cruciale per il futuro della chimica italiana, un’industria che rappresenta, nel nostro Paese, una risorsa importante sia per gli insediamenti produttivi presenti in varie Regioni (i più importanti a Porto Marghera, Ferrara, Mantova, Ravenna, Assemini, Porto Torres) sia sul piano occupazionale e commerciale. Un settore produttivo, quello chimico, fortemente integrato tra i diversi impianti che costituiscono un unico assetto di filiera. Al giorno d’oggi, Porto Marghera con circa 2000 dipendenti diretti e circa 1500 occupati nell'indotto, rappresenta il cardine di tale integrazione. Secondo l’ultima edizione dello studio Plastic trend synthesis pubblicato dalla società di consulenza milanese Plastic Consult con la fermata degli impianti di Pvc di Porto Torres e Porto Marghera la produzione nazionale è diminuita e l’import di termoplastiche, come polistirene, Pvc e tecnopolimere, è aumentata notevolmente, coprendo, l’anno scorso, quasi il 75% della termoplastiche in Italia. La ricerca rivela inoltre come, negli ultimi due anni, le vendite di termoplastiche vergini nel nostro Paese siano crollate di quasi un milione di tonnellate, fermandosi a fine 2009 a quota 6 milioni.



Quella dei cloro derivati, è infatti una produzione strategica per l’intero compatto chimico nazionale, un settore in cui, per lungo tempo, il polo di Porto Torres è stato all’avanguardia. Questo grazie alla professionalità degli operai impiegati: «Sono tutti molti qualificati, tanti di loro sono anche laureati. Il problema è politico, volendo la situazione si risolve. Anche perché, se questo non accadesse, saremmo tagliati fuori dal mercato europeo dove la concorrenza è grande. In Francia, Inghilterra, Germania e Svizzera ci sono infatti impianti simili a quello di Porto Torres che producono Pvc. Materiale essenziale che noi dovremmo importare in quantità sempre più massicce», dichiara Giuseppe Suffritti, direttore del Dipartimento di Chimica dell’Università di Sassari. Perché anche il mondo accademico isolano sta sostenendo con vigore la battaglia degli operai della Vinyls. Così come alcuni sindaci della zona che minacciano le dimissioni se la situazione non venisse risolta, e gli studenti della città che invece sperano di trovare un’occupazione nell’area industriale. C’è anche la Chiesa della zona a dar man forte, con don Mario Tanca della parrocchia di San Gavino, simbolo di Porto Torres, e monsignor Atzei, che durante la fiaccolata a sostegno dei lavoratori, organizzata in città il 26 gennaio scorso, ha pronunciato parole chiare: «Un vescovo, pur non facendo politica, non può fare finta di niente di fronte a quanto sta accadendo. È doveroso chiedere alla Regione e ai parlamentari sardi di far sentire la voce del territorio. Mi ha colpito molto che non si siano fatti vedere. Io non sono contro di loro. Ma sto con i lavoratori».

La solidarietà è giunta anche da lontano, dai dipendenti di un caseificio di Thiesi, un piccolo paese della provincia di Sassari. Domenica scorsa, sono arrivati in furgoncino con sacchi di pasta, casse d’acqua, cartoni di latte, scatole di pelati, formaggio. Beni di prima necessità per aiutare le famiglie degli operai che, senza stipendio e, con i soldi dei pochi risparmi ormai agli sgoccioli, vivono il difficoltà di non poter condividere con mogli e figli quel momento di incontro, attorno ad un pasto caldo, che vale più di qualunque altra cosa. Ad accoglierli nella Torre Aragonese, c’erano giovani operai e anziani, con 37 anni di lavoro in fabbrica alle spalle. Uomini che presidiano la torre giorno e notte ormai. «Qui dormiamo», dicono, indicando alcuni materassi sul pavimento. Attorno ci sono anche due tavoli dove, gli operai organizzano ogni iniziativa. Appesi al muro, ritagli di giornali locali: articoli che raccontano la loro storie. Come quella di Tino Tellini, operaio della Vinyls ed ex assessore all’Industria del Comune: «Questo dei lavoratori di Thiesi è stato un gesto di solidarietà significativo, tra i più belli che sia mai stato fatto per noi. La nostra è una battaglia per il territorio e per il futuro della chimica nel nostro Paese. Se dovessimo cadere, con noi precipiterebbe tutto lo stabilimento. Oltre la disperazione, gli ammortizzatori sociali e l’assistenzialismo non ci sono alternative». Così come per Omar Sall, ambulante senegalese di Dakar, da tre anni a Porto Torres. Perché se gli operai non riprendono a lavorare anche la sua merce continuerà a rimanere lì, disposta sul tappetino disteso per strada. Invenduta. Per chissà quanto tempo ancora.



Fotografie e testo di Vincenzo Sassu

2 commenti:

  1. leggendo i tuoi racconti, mi viene la fame chimica, fame chimica di giustizia.

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  2. Raouf,

    è bene che tutti conoscano le difficoltà di chi ha perso il lavoro e non riesce a sfamare la famiglia. Perché i drammi non abitano solo paesi lontani dal nostro. Basta guardarsi intorno e raccontare. E dar voce a queste persone. Il grande Kapuscinski diceva che l’unico giornalismo possibile è quello consapevole del proprio contributo alla società: "Il vero giornalismo è quello intenzionale, vale a dire quello che si dà uno scopo e che mira a produrre una qualche forma di cambiamento".

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