venerdì 29 aprile 2011

Ettore Mo in viaggio nell'India di Dominique Lapierre


Ettore Mo, uno dei più grandi inviati della storia del giornalismo italiano, celebre corrispondente di guerra del Corriere della Sera, si è rimesso in viaggio. In questo periodo si trova in India e nel suo ultimo reportage “La battaglia delle navi ospedale per salvare i dimenticati del Gange” ci racconta la storia dei volontari delle isole Sundarbans che lottano contro Aids e tubercolosi.

Nel testo, viene citato Dominique Lapierre, giornalista dalla vocazione missionaria che l’India la conosce meglio di chiunque altro per averci vissuto e dedicato libri di rara intensità come La città della gioia (Mondadori, 1996) e India Mon Amour (Il Saggiatore, 2010). Proprio da quest’ultimo libro, diventato presto un best-seller in tutto il mondo, Ettore Mo prende in prestito una storiella che spiega l’origine dell’impulso all’infinità generosità del popolo indiano.

Nell'episodio Lapierre parla “di una ragazzina tutta ossa e probabilmente affamata cui ha regalato un biscottino e che ora segue mentre s'allontana: «Dopo alcuni minuti - scrive - ho visto un cane scheletrico che le andava incontro. La ragazzina spezzò il mio biscotto in due e ne diede la metà al cane. Rimasi senza parole. L'India m'aveva dato il più bel insegnamento su come condividere le cose”.

Sul sito internet del Corriere è possibile vedere anche il videoreportage realizzato da Ettore e dal fotografo, Luigi Baldelli, che da anni lo accompagna nei suoi viaggi.

Come scrive in un suo reportage, Ettore nasce "da una famiglia povera (il papà operaio, la mamma casalinga, ambedue con la pagella della terza elementare come supremo traguardo scolastico)". Si iscrive alla facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'università Ca' Foscari di Venezia, ma decide presto di abbandonare gli studi e mettersi in viaggio. Una lunga peregrinazione che lo porta a lavorare come barista nelle Isole del Canale, come cameriere a Parigi (pelando anche patate a Place de la Sorbonne), infermiere in un ospedale di Londra per malati incurabili, insegnante di francese a Madrid senza averne i titoli e steward in prima classe, facendo per ben due volte il giro del mondo su una nave mercantile della marina britannica. Alla soglia dei trent’anni approda alla sede londinese del Corriere della Sera e, dopo una gavetta durata dieci anni, inizia a lavorare come inviato, coprendo guerre, rivoluzioni e raccontando storie di sofferenza e umanità, di gioia e dolore. Ovunque, dall'Asia all'America Latina. “Una vita randagia” la sua, come racconta nel suo libro Ma nemmeno malinconia (Rizzoli, 2009). A lui è dedicato il numero di aprile dello storico settimanale d'attualità L'Europeo, ora diventato mensile, intitolato “Professione Cronista. L'avventura quotidiana".



Fotografie: Ettore Mo (www.ilreporter.com); Dominique Lapierre (http://libri.forumcommunity.net)

martedì 26 aprile 2011

Quando c'era Tiziano Terzani "twittavano" solo gli uccellini


L’evoluzione tecnologica ha portato il giornalismo a rimettersi in discussione, a modificarsi a fondo e inventarsi nuove identità anche attraverso l’uso dei social media, come Facebook e Twitter, diventati tra gli strumenti più utilizzati nel racconto giornalistico.

Ritornando indietro nel tempo e rileggendo Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia di Tiziano Terzani (Longanesi, 2008) ho trovato un breve messaggio che il celebre giornalista e scrittore spedì al suo capo redattore, Paolo Murialdi.

Eravamo agli inizi degli anni Settanta e, all’epoca, si inviavano gli articoli tramite telex (quando possibile), la “mail” non aveva alcuna “e” davanti e la si poteva stringere tra le mani, “facebook” era solo un libro fotografico di primi piani e “tweettavano” (cinguettavano) solo gli uccelli.

YYROM
: PRIMO GIORNO:
EX TERZANI IN PHNOM PENH
PER MURIALDI

Carissimo,
arrivato sabato. Impossibile spedire prima causa inutilizzabilità del telex. Ogni articolo deve essere affidato a messaggeri che vanno a Bangkok o Singapore, da lì alla Reuters, molta roba va persa. Ti sarei grato di un telegramma di conferma ogni volta che ricevi. Anche grato se tu facessi pubblicare i miei pezzi come sono aggiungendo le notizie della giornata a parte. Attenti alle agenzie che drammatizzano o inventano. Saluti anche da Bernardo. Tiziano


Il Giorno, 14 agosto 1973


Tiziano Terzani lavorò per oltre trent’anni in Oriente per il Der Spiegel, il Giorno, l’Espresso, la Repubblica, Il Messaggero e il Corriere della Sera. Chi fosse interessato alla sua vita può visitare l'esposizione fotografica a lui dedicata, "Tiziano Terzani. Clic! Trent'anni in Asia", in corso a Roma fino al 29 maggio 2011.

fotografia: www.enel.it

venerdì 22 aprile 2011

Le voci del Festival

Il Festival di Giornalismo di Perugia è terminato qualche giorno fa. Un momento di confronto professionale tra i grandi che l'informazione la fanno da anni e i giovani che vorrebbero farla, seguendo magari le loro orme.

Tra questi c'è Daniele Zibetti, studente della Cattolica di Milano, e appassionato di giornalismo e fotogiornalismo.

A Perugia, Daniele ha incontrato il suo "modello": Giorgio Fornoni, un viaggiatore che ha vissuto per l'incontro con l'Altro. Un reporter "vecchio stile", autore di Ai confini del mondo, un libro e Dvd che racconta "il viaggio, le inchieste e la vita di un reporter non comune". Giorgio è un bergamasco nato per dar voce a chi non ce l'ha. Proprio come sogna di fare Daniele che, nell'ultimo post del suo blog "Mosaico", ha pubblicato i "tasselli" del Festival: alcuni delle frasi più significative pronunciate durante gli incontri di Perugia.



“Una profonda voglia di scoprire ciò che succede nelle stanze del potere e durante le guerre.”

Riccardo Noury, direttore di Amnesty International Italia

“La potenza del fumetto è la sua capacità di sintesi. E’ immediato perché contiene in sé due linguaggi in uno.”

Elisabetta Benfatto

“Andare dove è difficile raccontare e costringere i nostri Paesi ad entrare in queste dimensioni è un dovere morale.”

Emilio Casalini

“Mentre in Egitto e Tunisia è la dittatura che va eliminata, nel mio Paese, l’Iran, è la religione che va allontanata dalla vita sociale.”

Reza Ganji, fotogiornalista iraniano

“L’immigrazione è come il vento. Possiamo chiudere le finestre ma quando diventerà più forte le sfonderà ed entrerà comunque.”

Sandro Provvisionato

“Io sono un tecnico, racconto i fatti… ma vaffanculo! C’è della gente che muore!”

Jacopo Fo

“You’re from Al-Jazeera? Ok. You’re under arrest. And why? We don’t know. Oh… yeah… maybe we know why!”

Laith Mushtaq

“Mi ricordo di quelli che avevano il fuoco dentro, perchè il fuoco dentro è qualcosa che nessuno ti dà!”

Giuseppe Smorto

“L’informazione mangia lo spettacolo, lo spettacolo mangia la politica e il bunga bunga s’è mangiato tutto quanto!”

Luca Telese

“Censurare siti internet è permesso in pochissimi stati nel mondo… come Cina, Iran e Italia…”

Marco Calamari

“Gli imbecilli sono distribuiti uniformemente in tutte le categorie umane.”

Marco Calamari

“Nemmeno io farei domande a me stesso, se mi vedessi!”

Vauro

“Calderoli: «La Padania e il Mezzogiorno prima di Garibaldi stavano benissimo!» È una cazzata pazzesca!”

Sergio Rizzo

“Ora infangateci tutti!”

Roberto Saviano

“Perché, tu non hai mai leccato il culo a tua moglie?”

Giuseppe Cruciani a Luca Telese

“La ‘Ndrangheta si arrabbia con noi perché facciamo venir meno l’omertà.”

Pierpaolo Bruni

“Gli italiani dovrebbero tornare ad avere senso critico, a verificare i fatti: nonostante varie carte, regolamenti e codici deontologici, manca tutto ciò.”

Carlo Gubitosa

“L’anomalia del berlusconismo è talmente anomala da non essere risolvibile.”

Ezio Mauro

”È importante che il giornalista vada nei posti dove è difficile andare, è un’importanza quasi etica.”

Emilio Casalini

“Chiedere all’oste se il vino è buono, credendo che meglio di lui non lo sappia nessun altro.”

Giorgio Meletti

“Dopo esser riusciti a rompere le barriere bisogna soffermarsi sulla realtà.”

Gianni Riotta

“Tutto ha un prezzo, ma il prezzo più grande sono i danni causati e subiti. I giornalisti devono essere liberi e il giornalismo deve puntare sulla qualità delle informazioni.”

Mort Rosenblum

“Non solo il giornalismo non è destinato a morire nel XXI secolo, ma sarà sempre più un’infrastruttura portante delle nostre imperfette democrazie.”

Carlo De Benedetti

“Per far cadere il Governo, non siete d’accordo sul fatto che basterebbe infiltrare un po’ di omosessuali a Palazzo Chigi?”

Nichi Vendola

“Questo è il lavoro più bello del mondo. Incontri situazioni diverse, realtà umanitarie. Ma è nella sofferenza che incontri la vera natura dell’uomo, dove non si può barare. Bisogna raccontare queste realtà affinché il mondo le conosca.”

Giorgio Fornoni

giovedì 7 aprile 2011

Una volta sognai



La poetessa Alda Merini dedicò questa meravigliosa poesia a Lampedusa in occasione dell'inaugurazione della Porta d'Europa, monumento di Mimmo Paladino installato sull'isola che ricorda tutti i migranti che, affrontando interminabili avversità, giungono sulle coste dell'isola alla ricerca del sogno di una nuova e più dignitosa esistenza.

Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.

Alda Merini


Porta d'Europa è un monumento di Mimmo Paladino installato a Lampedusa

L'immagine di Alda Merini è tratta dal blog di Mario Palmieri. La fotografia della Porta d'Europa è pubblicata invece nell'account flickr di Amemainda

martedì 5 aprile 2011

"La mia vita in uno scatolone"


«Quel poco che è riuscito ad avere di casa sua, dove sono morte la moglie Claudia, sua coetanea, e la figlia Fabrizia, di 9 anni, sta tutto dentro due scatoloni: “Non sono nemmeno grandi. Saranno un metro cubo al massimo. Ma per me hanno un’importanza immensa. Rappresentano il filo di continuità della vita di adesso con la vita di prima. I sapori, gli odori, le immagini di una vita che non c’è più. Il resto te lo tieni dentro. Ricordandotelo nel modo più bello possibile. C’è qualche gioco di Fabrizia, una foto di matrimonio dove è andato via il margine e siamo rimasti solo io e lei. La chitarra di mia moglie. La chitarra che avevamo regalato a Fabrizia. Sembra poco. Ma non sono cose inanimate. Chi ha perso i suoi cari in un incidente può tornare tra le sue cose. Noi no. Non abbiamo più nulla. Un peluche o un ciondolo hanno un valore immenso, perché ti legano all’altra vita. Poi il resto ce l’hai dentro. Cerchi di vivere. Cerchi di far sì che la vita di tuo figlio, che è la cosa più importante per me, sia quella che la mamma voleva per lui”.

Vincenzo Vittorini, chirurgo di 47 anni, rimase sette ore sotto le macerie della palazzina di via XX Settembre crollata dopo il sisma che colpì l’Aquila il 6 aprile 2009. Insieme ad altri familiari di vittime del terremoto ha creato la "Fondazione 6 aprile per la vita":


“Non solo per condividere il dolore immenso. Ma perché vorremmo che da quella notte maledetta partisse un progetto di vita. Non solo per ricordare chi non c’è più. Ma per far sì che questo paese capisca che serva una cultura della prevenzione. Perché 309 persone morte, non sembra ma sono tante. Sono una città. E allora noi piangiamo, perché per noi il 6 aprile è tutti i giorni, ma dobbiamo fare in modo che altri non piangano. E questo vale anche per la ricostruzione. Non deve essere una ricostruzione di belle mattonelle, ma una ricostruzione sicura”».


Fonte: Il Corriere della Sera (05/04/2011)
Fotografia: www.ambienteambienti.it